Living Duel - Nuovo Progetto

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Living Duel

Opera rappresentata nell’ambito della Rassegna teatrale Dei delitti e delle penne 1997
al Centro Giovani Casa Pomposa di Rimini.
Tratta della “competizione” e della “guerra”, della necessità dell’essere forti per forza; dove forti vuole dire adeguarsi, omologarsi alla maniacale competitività che la società capitalistica ossessivamente impone. Una pillola avvelenata, un’amara medicina, da ingoiare e digerire per tutta la durata della vita, che vaccini contro il "morbo dell’Utopia". Attraverso la rappresentazione di duelli simbolici, l’opera tenta una riflessione sul conflitto generalizzato al quale l’Umanità è assoggettata: a livello individuale (tra individuo e individuo, tra uomo e donna, tra giovane e anziano, tra superiore e subalterno, eccetera); a livello collettivo e generale (tra classi sociali, culture, etnie, religioni e gruppi ideologici, forze politiche ed economiche, stati, eccetera); a livello universale (tra vecchie idee, custodi spesso crudeli dello status quo, e nuove idee tendenti a un radicale cambiamento che liberi l’esistenza e l’organizzazione sociale dalle logiche di potere e dal ricatto economico). Le musiche - talora violente, fastidiose e ossessive - esprimono sia lo stressante contesto generale che la paranoica condizione interiore alla quale la maggioranza degli esseri umani è costretta quotidianamente. I protagonisti sono per lo più “ombre mute” in lotta, più o meno rappresentative, prive però di una vera e propria identità: figure, persone, maschere che si agitano e si esprimono “in ombra” dietro un telone, solo attraverso il movimento e l’atteggiamento teatrale del corpo. Persone che agiscono - animate dall’odio, dall’egoismo, da destini pre-registrati o da disperati tentativi di liberarsi - mentre il commento di una voce fuori campo dai toni alterati narra e sottolinea le loro vicende sulla scena come in una cronaca sportiva.
Lo scopo è sopraffare l’altro per affermare le proprie ragioni con ogni mezzo necessario, come previsto dai comandamenti del libero mercato delle cose, degli uomini e delle loro capacità, delle idee e delle coscienze, fino all’eliminazione del concorrente. L’opera comincia con il monologo di un uomo che, a modo suo, esprime il disagio e la stanchezza che l’obbligatorietà della competizione gli ha procurato sin dall’adolescenza. Provato ed esausto, rifiuta il proprio status di uomo forte (che gli è stato affibbiato sulla base delle fatiche e delle rinunce sopportate). Considerato “pazzo”, quindi deviante rispetto alla norma, viene portato via di forza dalla scena, per dare finalmente inizio a una sequenza di duelli simbolici.
Nel primo duello si affrontano due giovani, belli e forti, simili e ugualmente armati (espressione di quei poteri emergenti che si contendono il dominio del mondo e del futuro). Mossi dalla stessa sete di potenza, combattono senza esclusione di colpi fino alla morte, brandendo bastoni snodati intrisi di un letale veleno di medusa.
Nel secondo un ragazzo e una ragazza litigano animosamente a "colpi di tu" accusatori. La lite è furibonda e porta inesorabilmente alla fine del rapporto e alla morte di entrambi, perché nel conflitto tra persone nessuno vince e nessuno perde, semplicemente ci si distrugge reciprocamente nel tormento, nel rimorso e nel rancore.
Nel terzo una ragazza in piedi discute con un signore anziano seduto alla scrivania di un ufficio nell’imponente poltrona da manager. Lei si ribella al “sermone” con cui l’uomo tenta di ridurla all’obbedienza. La frattura generazionale è fortissima. Da dialettico il confronto diventa fisico, fino a che, aggredita e scacciata, la ragazza va via fieramente, seppur profondamente delusa dall’esperienza vissuta.
La ragazza rappresenta la libertà umiliata e negata; l’uomo, invece, incarna i diversi volti dell’organizzazione del potere e del controllo, che sul piano sociale ha l’aspetto e la funzione del “genitore o del capo-ufficio dispotico”, su quello culturale del “falso maestro”, mentre su quello reale ed economico mostra la faccia del “padrone tiranno”.
Nel quarto, in una sorta di roulette russa giocata con un dado e due pillole (una delle quali è letale), due individui - consumando un aperitivo seduti al tavolino di un bar - si contendono il diritto al consumo e al piacere. In questa sfida il caso, cieco e stolto, gioca un ruolo determinante. Lo scontro ha una valenza anche “chimica”, biologica e tecnologica, di cui la pillola rappresenta un’estrema sintesi, in quanto prodotto della subdola ed efficace invisibilità del dominio; così come sono invisibili le radiazioni nucleari, il silicio dei microchips, le cellule clonate in vitro, i condizionamenti annidati nelle immagini, nelle parole e nei messaggi dei social e dei media. Un tipo di guerra nel quale sopravvive solo chi si integra, assuefatto e “mutato”. Il duello termina con la morte di chi ha ingoiato la pillola letale. Nel finale, a sipario aperto e non più in ombra, un giovane nudo - concedendosi all’Universo che ci sovrasta - depone la sua arma sotto una grande Luna, che accomodata in una sedia a dondolo mastica un chewing gum, mostrando totale indifferenza nei confronti di tanta umana frenesia. Da lì, da quel “silenzio freddo e blu” tutto lo sbattimento degli uomini e dei “Signori della Guerra e della Terra” appare (così come fa notare anche Hofmann) l’irrilevante e impercettibile fruscio di un granello di sabbia sospinto dal vento sopra un deserto.
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